"La Medusa? Caravaggio ne dipinse due!", di Fabio Scaletti


Non progettando preliminarmente su carta la composizione, la qual cosa deve essere ribadita con fermezza, è possibile che Caravaggio, in rare occasioni, svolgesse la sua attività pittorica in due fasi, entrambe direttamente al cavalletto, abbozzando nella prima l’idea che aveva in mente e perfezionando il lavoro nella seconda, con il risultato di avere due manufatti autografi, entrambi completi, ma il primo più accidentato e ricco di rilevanti modifiche, quasi “impressionistico”, il secondo più accurato e con minori variazioni, come a dire a regola d’arte, e questa speciale circostanza poteva capitare soprattutto quando l’esecuzione comportava delle particolari difficoltà, come nel caso della pittura condotta su un supporto anomalo quale uno scudo dalla superficie convessa. 
Questo è accaduto allorché Michelangelo Merisi (1571-1610) decise di dipingere, su una “rotella”, cioè uno scudo circolare da parata, un soggetto classico come la decapitazione di Medusa (la Gorgone che pietrificava con lo sguardo, uccisa da Perseo con l’ausilio di uno specchio), dando vita a due opere distinte ma simili, la Testa di Medusa oggi in collezione privata di Milano (olio su tela applicata su scudo di pioppo, diametro cm 48), qui in esame, e la Testa di Medusa della Galleria degli Uffizi (olio su tela applicata su scudo di pioppo, diametro cm 55), capolavoro celebrato dell’artista lombardo, a Firenze dal 1598, in sostanza da quando fu creato. 
L’esemplare milanese, introdotto nel circuito critico nella seconda metà degli anni Novanta da Maurizio Marini, che, tramite una serie di pubblicazioni, ne ha comprovato l’autografia, accettata da Denis Mahon (comunicazioni scritte del 2002 e del 2003), Mina Gregori, massima esperta italiana del Merisi, e da altri studiosi come Federica Gasparrini, Claudio Strinati e Sergio Benedetti, è la prima versione, mentre l’esemplare fiorentino diventa di conseguenza la redazione finale, predisposta dal Caravaggio per il proprio mecenate, cardinal Francesco Maria del Monte, che intendeva donarla al granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici, di cui era ambasciatore presso la corte pontificia [...]

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