Thyssen-Bornemisza, futuro incerto per la collezione della baronessa Cervera



Forse la ricchezza è fonte di infelicità, come sosteneva Seneca. La preoccupazione maggiore del barone Hans Heindrich von Thyssen-Bornemisza (1921-2002), poco prima della sua scomparsa, era quella di evitare che i conflitti tra gli eredi portassero alla dispersione della sua formidabile collezione d'arte. Per questo, l'accordo trovato con il governo spagnolo nel 1993 per l'acquisizione di 800 opere per la “cifra di favore” di 350 milioni di dollari da destinare a Palacio Villahermosa, sede del nascente omonimo Museo Thyssen-Bornemisza, nel centro di Madrid, a due passi dal Museo del Prado, sembrava aver messo al sicuro da inevitabili smembramenti una collezione stimata all'epoca da Sotheby's 2 miliardi di dollari. Oggi, solamente il ritratto di Caravaggio della cortigiana Fillide Melandroni nelle vesti di Santa Caterina d'Alessandria, dono del pittore alla bella prostituta, varrebbe oltre 100 milioni di euro.
Nel 2004, altre 200 opere d'arte, ereditate dalla quinta moglie del barone, Carmen Cervera Thyssen-Bornemisza, entrarono a Palacio Villahermosa a seguito di un loan agreement firmato con il Ministero spagnolo della Educazione, della Cultura e dello Sport, ad integrazione della già stupefacente raccolta permanente.
La baronessa iniziò a concedere in prestito parte della sua collezione al Museo Thyssen-Bornemisza a partire dal 1999, con un contratto di prestito a lungo termine della durata di 11 anni, alla scadenza del quale propose allo Stato di acquistare la raccolta, ma non se ne fece nulla. Da allora il prestito si è rinnovato di anno in anno sino ad oggi, o meglio sino al 30 gennaio scorso, data esatta della scadenza dei termini di rinnovo. L'intesa tra la collezionista, che ora richiede clausole contrattuali più flessibili in caso prestito o di vendita delle opere, e il Ministero, non è stata ancora raggiunta [...]

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